Thursday, September 14, 2006

La musica come laboratorio

Parlare di ricerca musicale in ambito pop-rock, oggi, in Italia, provoca sicuramente sorrisi di compatimento o incomprensione.

Sorrisi di compatimento, perchè tutto è già stato scritto, detto, cantato, suonato, “è impossibile dire qualcosa di nuovo”, e “il rock è morto”, oppure incomprensione, perchè tutto questo è ostico, chi lo capisce, non interessa, non attira platee vaste, non attrae...

Dalla metà degli anni ’50 ad oggi, il beat, il rock’n’roll, l’hard rock, il progressive, il punk, il post-punk, l’heavy metal, il grunge, il post-rock, l’elettronica, le musiche che verranno, la cosiddetta “pop music”, si sono evolute grazie al lavoro artigianale di milioni di musicisti. Il mercato ha orientato le masse di potenziali acquirenti verso le proposte più facili, raramente con la lungimiranza di piani a più lunga scadenza di una stagione, trasformando la musica da forma d’arte a prodotto da consumare. Tuttavia, il fenomeno della cosiddetta musica indipendente, ed infine internet, hanno provocato salutari scossoni nel mercato, creando nicchie di appassionati che cercano nella rete il nuovo o l’insolito. Anche in Italia la musica indipendente e autoprodotta ha compiuto un suo percorso tortuoso, fatto di luci ed ombre, faticoso, ma caparbio, vivo, reale...

La strada dell’autoproduzione è garanzia di libertà di espressione e necessità, per trasformare i vincoli in opportunità, nel silenzio delle istituzioni e nell’avversione delle case discografiche multinazionali, ricominciando dalle cantine e dalle sale prova, dagli studi di registrazione casalinghi e dalle feste private, dall’associarsi tra realtà diverse.

Se fare ricerca musicale ha ancora un senso, oggi, in Italia, bisogna trovarlo nel Laboratorio d’alchimista, nel gesto creativo che si imbeve della varietà, della contaminazione, dell’alchimia tra persone e suoni diversi, della commistione tra forme d’arte diverse, teatro, pittura, performance, danza, attingendo a quello che è già stato detto e suonato, non come mera riproposizione o tributo, ma elaborandolo attraverso il proprio personale gusto e trasformandolo in qualcosa di “nuovo”.... o di meno vecchio....

E’ per questo che il gruppo di art-rock KARMABLUE è attivo da più di 10 anni, un gruppo di musicisti professionisti e amatoriali, con formazioni sempre rinnovate ad ogni rinnovarsi di stagione, con la lucente ostinazione di chi persegue l’unico obiettivo di “fare arte” in musica emozionando ed emozionandosi... Un gruppo “a geometria variabile”, di due o dieci persone, che si adatta alle circostanze, che si contrae per espandersi, che filtra le proprie crisi interiori per aumentare l’espressività, che non teme di incrociare il flusso creativo con performers, scrittori, teatranti, giocolieri.... Naturalmente non è facile, certo, ma può essere una via contro l’omologazione e l’omogeneizzazione, essere qualcosa di diverso che prima non c’era... un'idea, un viaggio, una ricerca interiore, una strada giusta, un messaggio... senza la preoccupazione di avere platee più ampie o della difficoltà a far circolare una proposta siffatta.

La misura di tutte le cose, ormai, è diventata la televisione, che ha spossessato l’uomo della centralità del gesto creativo e speculativo, della poetica e dell’estetica, imponendo una non-poetica e una non-estetica. Televisione che non forma e non informa, che raramente diverte e più spesso disgusta, un calderone chiassoso e volgare di nani e ballerine, “palestrati” e balordi, giornalisti prezzolati e politici conniventi.

Un primo gesto creativo, allora, è spegnere la televisione.

Giacomo Caruso